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Eppure cadiamo felici

  • ufficiomarketingco2
  • 21 giu 2024
  • Tempo di lettura: 4 min

Mi chiamo Stefano, ho 24 anni e sono milanese. Per me questo e un periodo fortunato, sto leggendo molto ma soprattutto sto leggendo bene! Tanti bei libri che meritano assolutamente di essere letti, amo rifugiarmi nei libri. Amo la poesia, credo che attraverso le parole delle poesie rendiamo immortali i nostri sentimenti.

“Eppure cadiamo felici”, il romanzo parla di Gioia che è una ragazza molto particolare, è una ragazza sola e la caratteristica principale di Gioia è quella di essere una ragazza particolare, fuori dal mondo, non ha amici ad eccezione fatta per Tonia, una ragazza molto alla mano. Peccato che Tonia la migliore amica di Gioia, sia in realtà una ragazza che non esiste, è una ragazza immaginaria, perché Gioia è una ragazza sola, vive con sua madre, sua nonna è un gatto. La madre non si occupa minimamente della figlia. La madre pensa a tutto tranne alla figlia, motivo per cui sua figlia la detesta. La nonna è in coma, è in stato vegetale sul letto, e non parla rimane vigile ma fa solo versi però, Gioia la accudisce, le parla. Il fatto che le uniche persone più presenti nella vita di Gioia siano, una nonna che emette versi, è un’amica immaginaria vi fa capire che Gioia, è una ragazza sola, è una ragazza che ha una grande passione per la musica d’epoca e per le parole intraducibili. Le persone intorno a lei la ignorano o la maltrattano come, i suoi compagni di classe.

Il suo nome esprime allegria, agli occhi degli altri Gioia non potrebbe essere più diversa. Ha diciasette anni, a scuola si sente come un’estranea per i suoi compagni. Perchè lei non è come loro.  Non le interessano le mode, l’appartenere a un gruppo, nè le feste. Ma ha una passione speciale che la rende felice: collezionare parole intraducibili di tutte le lingue del mondo, come cwtch, che in galilese indica non un semplice abbraccio, ma un abbraccio affettuoso che diventa un luogo sicuro. Gioia non ne ha mai parlato con nessuno. Perchè nessuno potrebbe capire. Fino a quando una notte, in fuga dall’ennesima lite dei genitori, incontra un ragazzo di nome Lo. Mano a mano che i due chiaccherano, Gioia, per la prima volta, sente che qualcuno è in grado di comprendere il suo mondo. Per la prima volta non è sola. C’è un aspetto particolare per buona parte del libro, tu non sai se il ragazzo di cui si innamora Gioia, col quale inizia questa relazione, esiste veramente o no perché  Gioia ha la tendenza a creare delle persone immaginarie, tipo Tonia con cui parlare. Così che tu, per molto tempo quando leggi hai quasi paura a scoprire se il ragazzo di cui si innamora, sia vero o no. Questo ragazzo non dice mai dove abita, non dice mai il cognome, anche il nome non glielo dice immediatamente, è particolare, è strano, nessuno sembra conoscerlo. Quindi ti lascia questo dubbio. E quando i loro incontri diventano più attesi e intensi, l’amore scoppia senza preavviso. Senza che Gioia abbia il tempo di dare un nome a quella strana sensazione che prova. Ma la felicità a volte può durare solo un attimo. Lo scompare, e Gioia non sa dove cercarlo. Perchè Lo nasconde un segreto. Un segreto che solamente lei può scoprire. Solamente Gioia può capire gli indizi che lui ha lasciato e per seguirli deve imparare che il verbo amare è una parola dai mille e mille significati diversi.

La vita che questa ragazza ha finora vissuto: diciasette anni fatti di genitori separati, alcolizzati, menefreghisti e violenti. Una nonna in stato vegetale a letto, un gatto fantasma che appare quando gli gira, una vita sociale prossima allo zero visto che la sua migliore amica è immaginaria e che a scuola e soprannominata “maiunagioia”. Gioia a tutte le carte in tavola per diventare la ragazza più emarginata della citta’.

E un romanzo da tanti spunti che si muove sul filo sottile che divide realtà da immaginazione, normalità da allucinazione. Gioia una diciasettenne assolutamente atipica, a cui non interessa essere accettata, che non va a una festa manco sotto tortura, che preferisce la musica dei Pink Floyd, che colleziona parole intraducibili, che scatta foto alle persone di spalle. Gioia è un mistero nel mistero, una di quelle persone che vorresti conoscere per capire cosa le giri per la testa, perchè ti farebbe vedere il mondo con occhi diversi.

Ci sono un sacco di cose di Gioia che mi piacciono. Il fatto che non sia una super secchiona, che si faccia un sacco di domande, che abbia un rituale prima di decidersi a fare una cosa, che sappia dare valore agli attimi, che cerci un modo per interpretare il mondo.

Gioia ogni mattina si scrive sul braccio una frase in tedesco:” wenn ein glucklihes fallt” che è l’ultimo verso di una poesia di Rilke che suona più o meno cosi:” E noi che pensiamo che la felicità come un’ascesa, ne sentiamo il tocco, che quasi ci sgomenta, quando una cosa felice cade”. Semplificando significa  che quando una cosa felice cade o quando la felicità è qualcosa che cade e sfugge via … il titolo del romanzo vuole esprimere proprio questo concetto.

Per Gioia quel verso parla della bellezza delle cose che cadono, della bellezza delle cose che nessuno vuole, per questo da subito è stato il suo motto. Queste quattro parole di Rikle raccontano il calore che  si sprigiona da ciò che non vediamo, da ciò che ci sembra inutile. Per Gioia la maggior parte della bellezza del mondo se ne sta li, nelle cose inutili, nelle cose che cadono, nelle cose che tutti buttiamo via.

Stefano Riboldi

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